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Perché è importante parlare di Parental Live Management

Chiara Nosella

Marketing & Communication Coordinator

L’assenza prolungata dal lavoro spesso è vissuta dal manager come un ostacolo al percorso professionale. I collaboratori che usufruiscono di congedi o aspettative temono di dare un messaggio sbagliato all’organizzazione, e che questa a sua volta smetterà di investire e credere nel loro percorso.

E se l’assenza, magari per paternità o maternità, diventasse un’occasione di crescita?

Accanto alle organizzazioni

L’organizzazione può attivarsi e sostenere le persone che hanno necessità di assentarsi per periodi lunghi, affinché non diventino interruzioni dell’attività professionale ma veri e propri cammini di change management per migliorare i modi e i tempi del lavoro, stimolando il rinnovamento organizzativo e sostenendo i percorsi professionali di coloro che più spesso usufruiscono dei congedi parentali: le donne.

Accanto alle mamme lavoratrici

Proprio per loro, per le donne e in particolare per le neo-mamme che devono gestire periodi di assenza prolungata per maternità e rientri al lavoro, Cristina Di Loreto ha creato Me First® e abbiamo deciso di intervistala.

Cristina Di Loreto è psicologa, psicoterapeuta breve strategica, coach trainer e mamma di Azzurra e Manuel. Dal 2020 è anche imprenditrice, fondatrice e CEO di Brainheart Srl il cui progetto più importante è appunto Me First.

Nella sua carriera si è formata come criminologa, esperta di psicologia dell’emergenza e come formatrice ed esperta di comunicazione e problem solving strategico. Appassionata di scrittura autobiografica espressiva, ne ha studiato per anni gli effetti psico-fisici e ad oggi il suo progetto rappresenta il frutto di tutte queste virtuose contaminazioni.

Cosa ti ha spinto a fondare Me First?

Me First nasce dalla mia storia. Giovane trentenne che otteneva con la determinazione e il sudore più o meno ciò che desideravo, mi sono scontrata fortemente con il post partum e con una società che non è preparata a sostenere una madre che si vuole dedicare anche alla propria carriera. Quando Azzurra la mia prima figlia, aveva pochi mesi, sono tornata in terapia dopo tanto tempo a causa di un forte senso di inadeguatezza legato alla maternità, mi sono sentita priva di strumenti: non mi avevano preparata a sufficienza dal punto di vista psicologico e in quel momento è nata in me una missione sociale. Ci ho messo del tempo a realizzare il progetto, doveva maturare con me, ed è nato in piena pandemia, quando soffocata dal supporto emotivo che donavo da mesi alle persone e alle aziende, senza più tempo ed energie per me i miei obiettivi personali e per i miei figli e mio marito mi sono detta: ME FIRST!

Dal tuo osservatorio privilegiato, qual è la situazione in Italia? Quanta strada ancora c’è da fare in termini di leave management?

La strada è ancora lunga, esistono realtà illuminate che stanno mettendo in atto iniziative a supporto della maternità ma sono ancora poche. Purtroppo quelle poche realtà non sempre poi sono coerenti con le iniziative messe in ponte e succede che le madri sentano questa ambivalenza tra il fornire loro strumenti e non accettare le richieste di part-time, tra il creare iniziative per la genitorialità e non estendere il congedo parentale ai papà. Serve ancora tempo e le aziende che si stanno muovendo bene meritano incentivi dal mio punto di vista per essere aiutate dalla società. Il servizio che una madre mette in atto nei confronti della società è incredibile se ci pensiamo, questo a mio avviso è ancora troppo poco attenzionato da un sistema sociale e culturale che da ancora per scontato una definizione di ruoli basata sul genere e improntata ancora su vecchi stereotipi.

Cosa si può fare in concreto per accompagnare le madri a vivere meglio il rientro al lavoro dopo la maternità? Nello specifico come aiuti le mamme a gestire il senso di colpa in merito alle deleghe sul lavoro (e nella vita privata)?

L’accompagnamento alle madri nella fase di rientro è fondamentale e i temi che vivono sono moltissimi. Il senso di colpa lo vivono in maniera bilaterale: da un lato il senso di colpa per non dedicarsi ai propri figli come vorrebbero, dall’altro il senso di colpa di dover far cadere la penna alle 16 o alle 17 per andare a prendere il bambino al nido nei confronti del team di lavoro. Le aiuto grazie alle più innovative tecniche psicologiche disponibili: stratagemmi terapeutici in questo caso applicati a un sistema che funziona (ecco perché parliamo di coaching e non di psicoterapia) per “autoingannare” in maniera strategica quelle costruzioni mentali che ci portano solo disagio e senso di inadeguatezza. Lo spazio della riflessione e della condivisione e del confronto sono parte integrante del mio progetto: la radice di molti dei disagi delle madri è infatti lo stereotipo e il mito della madre perfetta che si possono sgretolare solo grazie alle 4 C: confronto, condivisione, collaborazione e conoscenza. Nei nostri percorsi poi trasferiamo alle mamme anche numerosi strumenti di gestione del tempo e di comunicazione efficace per la delega e la richiesta di supporto, di fatto per poter portare avanti tutte le dimensioni e i ruoli che porta avanti una working mom servono moltissime risorse interne ed esterne a lei e con il mio metodo le aiuto ad attivarle tutte.

Quali sono le misure che a tuo avviso si possono intraprendere per raggiungere una condizione favorevole per genitori lavoratori? Hai qualche best practice da raccontarci?

Dal mio punto di vista gli obiettivi e le sfide attuali nel mondo della Diversity & Inclusion riguardano il supporto e l’accompagnamento tramite percorsi di empowerment mirati ai genitori e percorsi coordinati tra partner competenti e l’azienda stessa per creare un sistema organizzativo che miri sempre più a un’ottica di Work-Life-Harmony. La Work-Life-Harmony permette alla persona di perseguire obiettivi professionali e personali che possano creare un sistema circolare interdipendente e virtuoso che inevitabilmente giova alla persona e all’azienda. Le aziende che hanno iniziato ad investire su questi temi hanno preso contatto con ritorni di investimento importanti sul piano della produttività e su un piano intangibile apparentemente ma che sul lungo termine diventa altrettanto fruttuoso come un innalzamento di engagement e di ritenzione dei talenti.

Il congedo di paternità è ancora poco diffuso, a tuo avviso ci sono ancora molti tabù?  

Il tema della genitorialità paritaria è un tema discusso nel nostro Paese, ma non ancora agito. Le aziende non sanno chi sono i loro padri, non possono nemmeno chiederlo e spesso i papà non richiedono nemmeno i giorni che sono loro concessi. Esistono delle eccezioni e va detto ma ci basta pensare che nel 2020 si sono licenziate 96mila neo-mamme per capire che la questione dell’accudimento è ancora molto sbilanciata e legata al genere. Il gap che esiste nella gestione dei carichi di cura (casalinghi e rispetto alla prole) è ancora molto grande, Me First è un progetto sistemico, il benessere della madre passa anche dal benessere della coppia e invitiamo sempre le madri a lasciare lo spazio ai papà che altrimenti potrebbero sentirsi “stretti” nel prenderselo. Nei nostri programmi includiamo sempre anche i papà e per diverse aziende creiamo percorsi condivisi come il We Firs Parent’s Revolution che attraverso alcuni spin off permettono poi di targettizzare i contenuti su alcuni bisogni specifici delle singole parti.

In merito al recente dibattito, scaturito dalle esternazioni di Elisabetta Franchi, è davvero incompatibile per le mamme e ricoprire ruoli di leadership?

Pensare che una madre non possa essere leader… penso sia un controsenso a priori. Pensare che una madre abbia difficoltà ad essere leader in Italia purtroppo è una triste realtà. Credo che le parole della Franchi siano state davvero inaccettabili, come la non reazione delle donne presenti che forse mi ha colpita anche di più. Mi sono espressa di recente su questa vicenda su Linkedin e in un post che è diventato virale ciò che mi ha davvero destabilizzata sono stati i commenti. Centinaia di imprenditori che commentano spalleggiando questo punto di vista, sostenendo che a casa propria è giusto fare come si vuole senza rendersi conto che la discriminazione sulla base dell’età, del sesso, della religione… è un reato.

Il commento che però mi ha lasciata davvero senza parole è stato di un uomo che mi ha detto: “Cara Cristina grazie per aver scritto queste parole, io e mia moglie abbiamo procrastinato troppo la nostra genitorialità fino a decidere di non avere figli perché ci sembrava una scelta inconciliabile con il mondo del lavoro, non ci pentiremo mai abbastanza e ogni giorno pensiamo a quanto sbagliata sia stata la nostra decisione”. Che un uomo mi abbia scritto queste parole mi ha colpito molto e mi ha commossa, sono moltissime le coppie che procrastinano o rinunciano alla genitorialità per persone come questa “signora”.

In tempi di great resignation l’attenzione al bilanciamento tra la vita e il lavoro è diventata cruciale non solo per i genitori, ma per tutti. Le persone hanno manifestato a gran voce l’esigenza di flessibilità e la volontà di lavorare in smart working anche solo per qualche giorno alla settimana. In base alla tua esperienza, i posti di lavoro ibridi sono sempre una soluzione congeniale alla maternità? Intravedi più vantaggi o più rischi nel lavorare da casa per i genitori?

Bellissima domanda. Lo smart working, se messo in atto come reale smart working può essere una grande risorsa per i genitori, purtroppo può essere anche un apparente strumento di conciliazione. Molte mamme si sono ritrovate a lavorare durante quarantene e isolamenti e non so se si siano sentite lavoratrici e mamme efficaci. Alcune realtà aziendali si stanno rendendo conto che lo smart working consente di utilizzare meno permessi e insomma… dobbiamo fare attenzione a non far diventare l’opportunità una sorta di ricatto morale per cui lo smart working se concesso porta a non utilizzare i propri diritti di lavoratrice. Credo che sia comunque uno strumento che se usato in maniera flessibile, intelligente e anche pensata sulle singole situazioni di vita possa iniziare a farci intravedere un futuro in cui il lavoro continua ad essere una parte importante della nostra vita ma permettendoci di rispettarla in quei momenti fondamentali.

Aver cura di una madre, o di un padre, significa aver cura di una persona che di cura si occupa ogni giorno e potrà restituirla anche al suo ambiente di lavoro.

Barilla: un caso di successo

Barilla riconferma un programma già da qualche anno attivo in Italia: il Winparentinga supporto di tutti i neo-genitori nelle fasi di pre-congedo, congedo e rientro al lavoro.

Variazioni in particolare affianca Barilla nel percorso di training e counselling, che ha l’obiettivo di offrire supporto e strumenti concreti a tutti i neo-genitori per un ritorno al lavoro il più sereno e positivo possibile.

Il caso Barilla

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